Con l’avvento della nuova tecnologia, anche le ipotesi di giusta causa di licenziamento sono cambiate: ai classici casi del passato se ne sono aggiunti altri connessi con l’uso delle nuovo tecnologie. La cassazione, con la Sentenza 15 giugno 2017, n. 14862 affronta un licenziamento adottato per abuso di internet, affermando la legittimità del recesso datoriale. Particolare la motivazione, che con linguaggio tecnico, affronta anche le tematiche della connessione : "
In particolare, il giudice di merito ha posto in rilievo come ci si trovi di fronte, nella specie, "ad un utilizzo della dotazione aziendale per fini personali non sporadica e/o eccezionale, bensi’ sistematica in considerazione della frequenza (complessivamente 27 connessioni), della durata dell’accesso (complessivamente 45 ore) e dello scambio di dati di traffico (migliaia di kbyte)" e come tale condotta integri con evidenza un utilizzo indebito dello strumento aziendale non solo "reiterato" ma anche, e di conseguenza, "intenzionale" (pp. 11-12). Sulla base di tali elementi, come della loro correlazione al "ruolo" di responsabilita’ che il (OMISSIS) ricopriva in azienda ("di controllore della qualita’ dei sinistri sul territorio nazionale": cfr. ancora pp. 11-12), la Corte e’ infine pervenuta a ritenere legittima l’adozione di un provvedimento espulsivo, pur dando atto di una serie di elementi idonei a privare di un persuasivo fondamento la ritenuta giusta causa di recesso. Si tratta di un insieme unitario di accertamenti di fatto che rientrano nella competenza esclusiva del giudice di merito e rispetto ai quali l’insieme di circostanze, specificate nel sesto e nel settimo motivo per essere ulteriormente riprese in quelli successivi, non si offrono come "decisive" al fine di una diversa ricostruzione della fattispecie.