Per gli operatori del settore, una volta iniziata l'era della notifica telematica tramite PEC, sono cominciati i primi problemi presso la Corte di Cassazione, in relazione al deposito di quanto prescritto dall'art. 369 del codice di procedura civile.
La norma impone - anche a seguito di decisioni della Corte - il deposito, entro venti giorni, sia della notificazione della sentenza della Corte di Appello, qualora notificata, sia della copia autentica della sentenza impugnata. Con le notifiche via pec, gli Avvocati hanno cominciato a depositare la relazione di notificazione via pec, contenente anche la sentenza impugnata.
Ma il deposito della sentenza era in copia semplice, in quanto l'attestazione di conformità era riferito solo alla notificazione via pec.
Da qui sono sorti i primi problemi, con le prime pronunce della Corte di Cassazione, soprattuto nel 2017, che hanno cominciato a dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione, in presenza di notificazione via pec della sentenza impugnata, se il difensore depositava SOLO la notificazione - contenente anche la sentenza, ma non - separatamente - la copia autentica della sentenza.
Fortunamente, a seguito di rimostranze dell'Avvocatura, ed a seguito di sentenze contrastanti, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 8312/2019 che ora consentono alla parte ricorrente, una “sanatoria” fino alla udienza, IN CASO DISCONOSCIMENTO DELLA CONFORMITA DELLA COPIA DELLA SENTENZA DEPOSITATA, dando la possiibilità di depositare l'attestazione di conformità di tale sentenza contenuta nella relazione di notificazione della sentenza.
Ed infatti, tale principio si applica solo in caso di mancato disconoscimento, qualora la parte intimata si costituisca; se la parte resistente non si costituisce, allora è necessario provvedere alla sanatoria.
Tali principi sono stati di recente stabiliti dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32726 del 7 novembre 2022; in tale occasione, la difesa di parte resistente ( Mio avversario), in un ricorso depositato nel 2017 ( quindi dopo le primissime pronunce di inammissibilità) aveva eccepito la inammissibilità del ricorso, poiché era stata depositata la relazione di notificazione con la copia semplice della sentenza, ma non la sentenza in copia autentica.
Fortunamente, nelle more del giudizio, si è consolidato l’orientamento poi sancito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 8312/2019, ribadito con la sentenza della Cassazione n. 32726/2022 che ha rigettato la eccezione di inammissibilità, con la seguente motivazione:
“1) La Corte deve previamente delibare l’eccezione d’improcedibilità del ricorso, come formulata dal controricorrente, il quale la fonda sul disposto di cui all’art. 369 comma 2° n. 2 c.p.c., per avere controparte provveduto a depositare, in luogo di una copia autentica della sentenza impugnata, una semplice copia del provvedimento notificato a mezzo posta elettronica certificata. Mancherebbe invero la prova che il difensore avversario abbia allegato la copia della sentenza impugnata, estraendola dal fascicolo informatico, facendone copia cartacea e dichiarandola conforme all’originale.
La predetta eccezione non merita accoglimento.
1.a) La copia della sentenza impugnata riporta in calce “Il sottoscritto Avv….ai sensi dell’art. 9 L. 53/1994 e dell’art. 16 undecies, comma 1, DL 179/2012, attesta che l’antescritto atto è copia conforme, in formato analogico, dell’atto che è stato notificato in formato digitale a mezzo posta elettronica certificata mediante invio” e la suddetta attestazione è completa di firma autografa dell’avv. C.---
1.b) Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l'onere di deposito della copia autentica della decisione con la relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati (relazione di notifica e provvedimento impugnato), attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, ai sensi dell'art. 9, commi 1 bis e 1 ter, l. n. 53 del 1994, e depositare nei termini quest'ultima presso la cancelleria della S.C., mentre non è necessario provvedere anche al deposito di copia autenticata della sentenza estratta dal fascicolo informatico (Sez. 6, n. 30765 del 22 dicembre 2017).
La sequenza processuale appare dunque rispettata, né vi sono elementi per mettere in dubbio la predetta attestazione.
D’altronde, il deposito in cancelleria di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della l. n. 53 del 1994, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca ex art. 23, comma 2, d. lgs. n. 82 del 2005, la conformità della copia informale all'originale notificatogli; nell'ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio (Sez. U, n. 8312 del 25 marzo 2019).
Si può certamente dire, che a volte il tempo aiuta.