Con la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 18556 del 10 luglio 2019 sono stati ribaditi alcuni importanti principi in tema di licenziamento del lavoratore per sopravvenuta inidoneità fisica dello stesso.
Nel caso in esame, un lavoratore era stato licenziato e la Corte di Appello, ha rilevato che il lavoratore era stato ritenuto permanentemente inidoneo a svolgere ogni mansione nei reparti di montaggio, stampaggio metallico, rifilatura flessibile ed integrale, schiumatura flessibile ed integrale in situ, mentre, quanto al reparto stampaggio, il D.M. era stato ritenuto idonea a svolgere solo alcune attività che, però, avrebbero richiesto una diversa organizzazione del lavoro nel reparto in funzione delle patologie e limitazioni da cui era affetto; ne conseguiva che tale esigenza si sarebbe configurata come una indebita ingerenza nell’insindacabile valutazione di carattere organizzativo rimessa al datore di lavoro e tutelata dall’art. 41 della Costituzione. Inoltre, è stato precisato che una siffatta interferenza avrebbe aggravato la posizione dell’intero gruppo degli altri addetti allo stampaggio termoplastici. Quindi il licenziamento è stato ritenuto legittimo. La sentenza è stata impugnata dal lavoratore, ma la Cassazione ha rigettato il ricorso affermando che " sono infondate le censure formulate in ordine alle prospettate violazioni di legge, atteso che la impugnata sentenza è conforme ai principi espressi da questa Corte (Cass. 26.10.2018 n. 27243; Cass. 19.3.2018 n. 6798), cui si intende dare seguito, secondo i quali in tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, sussiste l’obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro -purché comportanti un onere finanziario proporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche dell’impresa e nel rispetto delle condizioni di lavoro dei colleghi dell’invalido- ai fini della legittimità del recesso, in applicazione dell’art. 3 comma 3 bis del D.Igs. n. 216 del 2003, in recepimento dell’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE secondo una interpretazione costituzionalmente orientata e conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5.7. Nella fattispecie, la Corte di merito ha vagliato che l’unico reparto, presso cui il D.M. avrebbe potuto svolgere attività lavorativa in relazione alle limitazioni funzionali accertate, era quello del reparto "stampaggio materie plastiche" ma tale assegnazione avrebbe richiesto una diversa organizzazione del lavoro nel reparto stesso (che avrebbe rappresentato una indebita ingerenza nell’insindacabile valutazione rimessa al datore di lavoro e tutelata dall’art. 41 Cost.) e avrebbe determinato, altresì, un aggravamento della posizione dell’intero gruppo degli altri addetti allo stampaggio termoplastici, tenuti alla rotazione su postazioni più impegnative, con il conseguente maggior rischio a loro carico.8. Correttamente, quindi, la sentenza impugnata ha escluso la possibilità di riutilizzare, in relazione al contesto lavorativo accertato, il D.M. in altre mansioni o in altri reparti".
L’Avv. Giuseppe Pompeo Pinto patrocina in Cassazione giudizi attinenti materie in diritto del lavoro e licenziamento dei lavoratori.